Thursday, April 30, 2009

Tempi duri per i banchieri

Una folla inferocita di azionisti ha contestato duramente, fuori e dentro il teatro dove si svolgeva l'Assemblea annuale, il Presidente e CEO di Bank of America, Ken Lewis. Un gruppo organizzato ha anche presentato una mozione con la quale si chiedeva che il padre-padrone di BofA rinunciasse almeno alla carica di CEO e si nominasse una figura indipendente. L'inossidabile Ken è passato come un carrarmato sulle critiche, infischiandosene delle urla e delle richieste di dimissioni rivendicando come un merito le operazioni contestate in particolare quelle di acquisizione di Countrywide e Merrill Lynch ma ha dovuto cedere alla fine almeno la poltrona di presidente.

E' andata peggio, qualche giorno fa, all'assemblea di Fortis, dove una fronda di piccoli azionisti fermamente contrari alla cessione di una parte dell'istituto ai francesi di Bnp Paribas ha minacciato seriamente l'esito della riunione. Un grosso gruppo di azionisti si è alzato, avvicinandosi al palco dove si trovavano i dirigenti urlando "Dimissioni!", "Venduti", o "Democrazia" ed alcuni hanno addirittura lanciato documenti, scarpe e monetine e la riunione è stata sospesa. Sequestrate scarpe e monetine l'Assemblea è ripresa più tardi con l'approvazione della cessione a Bnp Paribas nonostante la contestazione degli irriducibili al grido di "Siamo belgi, non siamo francesi".

C'è da capirli oggi i contestatori, ma dove si erano nascosti quando nemmeno due anni fa approvarono il megalomane piano di acquisizione di Abn Amro che costò alla banca belga-olandese oltre 20 miliardi di euro? All'epoca erano impegnati a stendere tappeti di velluto rosso al Presidente ed al CEO, non certo a tirare loro, come avrebbero invece dovuto, scarpe e monetine. La storia si prende sempre le sue rivincite. E' la legge del contrappasso, e qualcuno, anche in Italia, riceverà presto una bella lezione. Indovinate di quale banca e di chi parlo.

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Wednesday, April 29, 2009

Una storia istruttiva

La maggior parte di coloro che seguono con attenzione questa crisi finanziaria ricorderanno sicuramente la truffa legalizzata dei credit-default swap o CDS venduti a diverse Banche europee dalla Filiale Londinese di AIG dell'ormai celebre Joe Cassano (sulla madre di tutte le truffe consiglio questo capolavoro di Matt Taibbi) e con cui le stesse Banche si coprivano dai rischi che derivavano da alcuni loro asset, per lo più obbligazioni corporate o derivate da mutui, permettendo loro di non dover incrementare la riserva obbligatoria.

Poco più di un mese fa vi avevo dato la notizia, per lo più ignorata dai mezzi d'informazione, delle dimissioni di due alti dirigenti della Filiale parigina della AIG e dei colloqui tra funzionari della Fed e della AIG con le autorità di controllo francesi per affrontare le conseguenze e il complicato scenario legale da cui avrebbe potuto prendere il via un default valutato in circa 234 miliardi di dollari in operazioni su derivati. Un buco che, dicevo un mese fa, "potrebbe anche costringere le banche europee coinvolte a dover raccogliere svariati miliardi per coprire le potenziali perdite".

Tutta la vicenda sembra non interessare nessuno, men che meno le borse che reagiscono positivamente ai bilanci truccati delle banche come alla notizia che il Pil americano nel primo trimestre ha fatto segnare un -6,1%, risultato notevolmente peggiore del pur basso -4,3% atteso dagli economisti. Un disastro, ma a chi importa se hanno deciso che la borsa deve salire ancora, prima di precipitare nel burrone? Figuriamoci cosa rappresenta un misero buco da 234 miliardi nel vecchio continente.

Rompe ora il silenzio stampa il Financial Times che riporta una sua corrispondenza da New York aggiornandoci così sulla situazione che, a quanto pare, rimane esplosiva, con la novità che uno dei due chief executive della AIG di Parigi dimessisi, James Shephard, potrebbe tornare sui suoi passi e ritirare le sue dimissioni mentre l'altro, Mauro Gabriele, non avrebbe cambiato idea ma comunque rimarrebbe per assicurare una "transizione ordinata", come si dice in questi casi.

Ma perchè questo strano comportamento? Perchè il ritiro delle dimissioni di Shephard dovrebbe bloccare le azioni legali che le banche europee potrebbero intentare nei confronti di AIG per riavere indietro i loro soldi. Se Shephard rimanesse, l'autorità di controllo francese non potrebbe sostituirlo con un proprio incaricato. In questo caso infatti, secondo gli esperti legali, cambiando uno dei contraenti dei contratti, si aprirebbe una procedura di default dei derivati che dovrebbero essere ripagati alle banche europee prima della loro naturale scadenza.

Ecco perchè AIG ha ancora bisogno dei servigi di questo signore, mentre le tre principali banche europee coinvolte nella truffa, Royal Bank of Scotland, Banco Santander e BNP Paribas potrebbero essere costrette a cercare qualche decina di miliardi di dollari per coprirsi da un'eventuale bancarotta di AIG France.

Dulcis in fundo, Shephard e Gabriele, a sentir loro, si erano dimessi a seguito del clima ostile che si era determinato nei loro confronti dopo la decisione di AIG di pagare 165 milioni in bonus fedeltà allo staff della divisione finanziaria di cui anche loro facevano parte. Non ho dubbi che i due riceveranno ora, sotto altra forma, quel bonus più gli interessi. Sull'argomento, nè Shephard nè AIG hanno voluto rilasciare dichiarazioni, ovviamente.

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Monday, April 27, 2009

La peste nera

Fortunatamente non sono un tuttologo esperto in qualsiasi argomento (come lo sono la maggior parte degli italiani) e quindi parlo di influenza suina solo per fare qualche considerazione di carattere generale. Premetto anche che non credo a teorie complottiste, ma non posso non notare come questa vicenda appaia organizzata e orchestrata al fine di propagare paura e panico tra la gente come per distrarla da qualche altra preoccupazione ben più grave.

L'influenza suina trasmessa da persona a persona non è una novità. La sua manifestazione più conosciuta avvenne nel 1976 quando, guarda caso, il contagio colpì 230 soldati di stanza a Fort Dix, in New Jersey, e destò la preoccupazione che si potesse ripetere una epidemia come quella che uccise milioni di persone all'inizio dello scorso secolo (nel 1918) ed è conosciuta con il nome di "spagnola". In questi ultimi anni, con ricorrenza ciclica, abbiamo assistito al propagarsi di allarmi terroristici su nuove e terribili malattie che nel giro di poche settimane sono scomparse silenziosamente dai mass media.

A rimetterci letteralmente le penne, sempre e solo galline, uccelli e ora gli incolpevoli maiali. Ogni volta si sono introdotte misure per limitare la mobilità di uomini e merci e in qualche occasione, come per mucca pazza, è stato un pretesto per erigere barriere protezionistiche. Mi chiedo allora perchè proprio adesso e perchè tutto nasca dal Messico, paese di grande migrazione clandestina verso gli Stati Uniti. Credo che anche questa volta le paure si riveleranno infondate e diffuse ad arte per estendere sistemi di più stretto controllo sulle popolazioni.

A meno che non vogliamo credere possa ripetersi quel che avvenne nella metà del XIV secolo quando la peste nera uccise metà della popolazione europea nel mezzo del più grande crollo finanziario di tutti i tempi. E anche allora qualcuno si attendeva, sbagliando, che dopo la peste vi fosse un’abbondanza di prodotti per i pochi sopravvissuti. Una pandemia meglio della guerra ai fini del controllo demografico? Spero nessuno ci pensi seriamente.

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Saturday, April 25, 2009

Segreti di Pulcinella

Calculated Risk, che tiene anche il conto dei fallimenti di banche americane dall'inizio dell'anno (con la First Bank of Idaho siamo alla numero 29), riporta le critiche di alcuni analisti alla metodologia utilizzata dalla Fed per gli stress test. Il giudizio più tenero è che siano "senza valore".

Ma c'è un punto chiave che tutti gli analisti mettono in risalto: vengono delineate 12 categorie di perdite su prestiti ma la Fed non fornisce percentuali da applicare ai vari scenari previsti. Il Wall Street Journal fa trapelare questi numeri:

One scenario that assumed a 10.3% unemployment rate at the end of 2010 required banks to calculate two-year cumulative losses of 8.5% on mortgage portfolios, 11% on home-equity lines of credit, 8% on commercial and industrial loans, 12% on commercial real-estate loans and 20% on credit-card portfolios.

Se è esatta questa premessa, secondo la banca d'investimenti Westwood Capital ben 13 delle 19 banche sottoposte a stress test potrebbero riportare complessivamente la bellezza di 240 miliardi di dollari di perdite.



Da notare che anche Calculated Risk conclude con l'osservazione che lo "scenario più avverso" previsto negli stress test corrisponde alla attuale situazione economica. Insomma questi stress test non stressano proprio.

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Gli stress test che non stressano

Continua la saga degli stress test con la divulgazione, ieri, da parte della Fed, della relativa metodologia, mentre i risultati saranno resi noti a partire dal 4 maggio. La Fed non ha voluto rivelare quali siano le 19 banche sottoposte al test. In compenso ha dichiarato che qualsiasi banca che fosse invitata, a seguito dei risultati ottenuti, a raccogliere nuovi capitali, non dovrebbe essere considerata insolvente o prossima al fallimento.

La precisazione preoccupa alquanto perchè resta difficile pensare che sia possibile non superare questi test che dovrebbero misurare le criticità di una banca sottoposta a ipotetiche condizioni avverse dell'economia nel prossimo anno, quando è chiarissimo che si tratta di un'operazione di manipolazione e, come già detto in altro post, i reali dati macroeconomici del 2009 sono già peggiori di quelli che disegnano lo scenario più avverso negli stress test, come è possibile verificare dalla stessa documentazione della Fed. (Cliccate sull'immagine per ingrandirla)






Tasso di crescita, tasso di disoccupazione e svalutazione del prezzo delle case, sono attualmente già peggiori di quelli che stanno alla base dello scenario previsto. Quindi questi stress test o sono inutili in partenza perchè non stressano le banche esaminate o nel caso non fossero superati da qualche banca vorrebbe dire che quelle banche sono già fallite.

Fonte: Federal Reserve

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Come uscire dalla crisi

Semplice, dopo aver truccato la partita cambiando le regole del gioco con....

l’introduzione dei nuovi criteri per la redazione dei bilanci delle banche e delle altre entità protagoniste del mercato finanziario statunitense, innovazioni che li hanno resi molto, ma molto meno attendibili, non è affatto da escludere che qualche innovazione di comodo verrà prima o poi apportata anche a tutto o parte dell’armamentario di informazioni statistiche a cadenza mensile che hanno consentito, almeno sinora, a chiunque di farsi un’idea del meltdown della finanza....

Comincia a dare il buon esempio la Russia secretando i dati relativi alla disoccupazione. Come volevasi dimostrare, la crisi è solo uno stato mentale e per uscirne fuori basterà ignorarla, rompere i termometri e, nella fase successiva, oscurare Internet.

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Giulio, il profeta

L'intervento congiunto dei governi ha scongiurato la paura dell'Apocalisse, «ma questo non vuol dire che è subito Pasqua». Così parlò il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, poco prima di partecipare al G7 dei ministri finanziari a Washington, a commento dell'attuale situazione. «Ciò che ho cercato di dire in questi mesi - ha aggiunto - è che è finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e prende forme diverse. In alcuni giorni ha segni negativi e in altri giorni cominciano segni inaspettatamente positivi. Finita la fase dell'Apocalisse, non è subito Pasqua, c'è di mezzo la Quaresima».

Non dubitiamo che la sua profezia biblica si avvererà come non dubitiamo che dopo la Quaresima viene la Pasqua. Il problema ora è sapere quanto durerà la Quaresima dell'economia. Aspettiamo altre rivelazioni dal Ministro. Come è vero, ed abbiamo già visto, che ci sono primavera ed estate, ma ci sono anche autunno ed inverno. E poi di nuovo primavera ed estate...

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Friday, April 24, 2009

Pirati di Wall Street (2)

Dedico una seconda puntata di aggiornamento allo scandalo scoppiato ieri a proposito delle pesanti pressioni del Presidente della Fed, Ben Bernanke, e dell'ex Segretario del Tesoro, Henry Paulson, sul Presidente e CEO di Bank of America, Ken Lewis, perchè non rivelasse la reale situazione di Merrill Lynch agli azionisti e quindi perchè andasse avanti comunque nell'operazione di acquisizione della stessa. Questo non prima di essermi scusato per aver linkato nel post di ieri ad un articolo successivo del WSJ e non a quello cui facevo riferimento. Ora ho cambiato il link, rimettendo le cose a posto.

E sembra aver rimesso le cose a posto anche il WSJ che, dopo una prima lettura giustificazionista, con il succedersi delle notizie e dei dettagli sulla sporca faccenda, è stato costretto a cambiare il tiro prendendo atto della gravità dello scandalo che tocca uno dei principi sacri su cui si basa la religione economica americana e di cui il quotidiano, la Bibbia di Wall Street, si picca di essere vestale e fedelissimo custode: la separazione fra settore pubblico e privato.

Ieri dunque il WSJ aveva diffuso in anteprima alcuni stralci dell'interrogatorio di Ken Lewis davanti alla Procura Generale dello Stato di New York, scrivendo che in circostanze normali le banche dovrebbero avvertire i propri azionisti di ogni aspetto finanziariamente rilevante. Ma questi non sono tempi normali, chiosava l'autorevole quotidiano. La fuga di notizie diventava a questo punto una valanga, alimentata dallo stesso Procuratore Generale, Andrew Cuomo.

Cuomo infatti non restava con le mani in mano e rendeva pubblica una serie di documenti, compresa la testimonianza dello stesso Lewis sui bonus ai dirigenti di Merrill Lynch, e i verbali dell'incontro straordinario del cda di Bank of America in cui venne approvato l'acquisto della stessa Merrill. La vera bomba però arriva più tardi, quando Cuomo rendeva nota la lettera, spedita sempre ieri ad alcuni leader del Congresso e alla presidente della commissione di controllo sul fondo Tarp, sul ruolo di Paulson nella vicenda, e sulle minacce nei confronti di Lewis. Nella lettera Cuomo riferisce di aver scoperto che lo scorso 21 dicembre Paulson disse a Lewis che il governo «avrebbe o avrebbe potuto» rimpiazzare i vertici della banca in caso di annullamento dell'operazione. Questo il contenuto del documento riportato da Milano Finanza:

Nella ricostruzione del procuratore, Lewis e Paulson discussero della possibilità che il Tesoro fornisse ulteriori aiuti a Bank of America. Il 22 dicembre Lewis comunicò al cda la decisione di non cercare l'annullamento dell'accordo con Merrill, ma anzi di raccomandare al cda stesso di dare il via libera all'acquisizione. Addirittura nei verbali del cda della banca si legge che il consiglio stesso «non fu influenzato dalle dichiarazioni del governo che il cda e il management sarebbero stati rimossi dall'incarico se la banca avesse mancato di completare l'acquisizione di Merrill». In un verbale della settimana successiva, secondo la ricostruzione di Cuomo, il cda di Bank of America sostenne che avrebbe chiesto di rinegoziare l'accordo con Merrill «se non fosse stato per i seri timori sullo stato di salute del sistema finanziario americano, e delle conseguenze negative che una simile situazione avrebbe avuto sull'azienda stessa come fatto presente dal segretario al Tesoro». E la Sec, rivela Cuomo, venne tenuta all'oscuro di tutta la vicenda.


Che la Sec sia tenuta all'oscuro o chiuda gli occhi non è poi più una così grande novità, Madoff insegna, ma il conflitto d'interessi, quando controllato e controllore si confondono e confondono i ruoli, non è una prerogativa solo italiana. Niente di nuovo sotto il sole dunque.

Nè mi sorprenderebbe che negli sviluppi della storia Paulson possa fare una chiamata a correo nei confronti di Geithner che partecipò con tutti gli oneri e gli onori alla gestione di questa crisi sin dai suoi inizi. Siamo alla resa dei conti finale e questa vicenda si intreccia con quella delle torture a Guantanamo nella ricerca dei responsabili ai più alti livelli. Una resa dei conti senza esclusione di colpi.

Si è ormai messo in moto un meccanismo inarrestabile, nemmeno Obama potrebbe fermarlo, nonostante il suo pendolare tra moralizzazione e copertura dei responsabili di simili nefandezze e benchè sia ormai chiaramente ostaggio dei banchieri di Wall Street. Il Watergate, in confronto, sembrerà una favoletta per bambini.

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Thursday, April 23, 2009

Pirati di Wall Street

Un'altra follia di questi giorni, che d'ora in poi chiameremo normalità, è quella che ci racconta oggi, quasi giustificandola, il Wall Street Journal: il famigerato duo Bernanke-Paulson fece pressione sul Presidente e CEO di Bank of America, Ken Lewis, perchè non rivelasse le crescenti perdite riscontrate nel corso dell'operazione di acquisizione della Merrill Lynch.

In circostanze normali le banche dovrebbero avvertire i propri azionisti di ogni aspetto finanziariamente rilevante. Ma questi non sono tempi normali, chiosa la Bibbia di Wall Street. Infatti, come vediamo ogni giorno che Dio ci manda, tutto è permesso a questa specie di Spectra internazionale, tant'è che i banchieri gangster, il loro ministro ombra Geithner, la Fed e tutto il loro esercito di funzionari, biografi e opinionisti più o meno embedded hanno trasformato Wall Street nell'isola della Tortuga e il mercato finanziario nel dominio incontrastato dei Fratelli della Costa.

Lascio a voi assegnare le parti del simpatico Jack Sparrow, del cattivissimo Capitan Barbossa e dell'orribile Kraken. C'è l'imbarazzo della scelta, ma non per chi interpreta il ruolo di giustiziere implacabile: il procuratore generale di New York, Andrew Cuomo, il quale ha avuto il coraggio di affrontare questa feccia, continuando a disegnare imperterrito un quadro sempre più dettagliato e sorprendente delle vicende finanziarie di questi ultimi mesi.

Rendere note le perdite di Merril Lynch, che nel quarto trimestre ne totalizzò 15,84 miliardi, avrebbe potuto dare agli azionisti di BofA l'opportunità di bloccare l'operazione e provocare il fallimento di Merrill.

"Non è qualcosa che ogni azionista avrebbe voluto sapere?" è stato chiesto a Lewis da un funzionario della Procura. "Non potei" ha risposto il banchiere, affermando che furono Bernanke e Paulson a dirgli che non dovevano esserci fughe di notizie e che l'operazione doveva essere conclusa ad ogni costo, altrimenti ci sarebbe stato "un grande rischio per il sistema finanziario".

L'investigatore lo incalza: "Non fu Paulson, con precise istruzioni, a volere in realtà che gli azionisti di BofA si facessero carico di buona parte delle perdite accumulate da Merrill?" La risposta di Lewis è un capolavoro: "Nel breve termine sì" ma aggiunge di ritenere che l'idea di Paulson fosse quella di prevenire un disastro nel sistema finanziario americano.

Sempre pronti a scomodare patria e bandiera, questi banchieri, quando si tratta di salvare il loro putrefatto sistema di potere, ovviamente a spese dei cittadini, siano essi risparmiatori, azionisti o semplici contribuenti. O furbetti del quartierino o pirati di Wall Street ad ogni latitudine parlano sempre la stessa lingua e battono sempre la stessa bandiera.

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Wednesday, April 22, 2009

Alice e il genio della verità

Seguire le follie di questi giorni mi ha esaurito. Come quando ridete per un film fino alle lacrime ed a un certo punto non avete più energie per continuare a ridere o pensare e vi sentite esauriti, appunto. Forse devo staccare la spina per qualche giorno e mettermi sulla riva del fiume ad aspettare finchè non vedrò passare trascinati via dalla corrente tutti i geni di cui parla Andrea Mazzalai nel suo ultimo post capolavoro.

Probabilmente deve essere lo stesso stato d'animo di Paul Krugman in "Alice in Finanzaland" dove l'economista non riesce a farsi una ragione del fatto che Citigroup è redditizia perchè gli investitori pensano stia fallendo mentre Morgan Stanley sta perdendo valore perchè gli investitori pensano che sopravviverà. Ma forse quello che accade è solo che Fantasyland e i suoi omini verdi di cartone hanno conquistato ormai tutta la Terra.

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Tuesday, April 21, 2009

Prognosi riservata

Da ilsussidiario.net

Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial Stability Report - «potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche».

Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre.

«Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti». «Il processo di deleveraging - aggiunge - sarà lento e doloroso nonostante le misure prese».


Se è vero che il sistema finanziario americano ha digerito finora 920 miliardi di svalutazioni, ne mancano all'appello, per gli Stati Uniti, ancora quasi 1.800 miliardi e quindi siamo solo appena al 30%, altro che restituzione degli aiuti ricevuti con il TARP! Tanto è vero che il Segretario del Tesoro Geithner, proprio oggi, in un'intervista riportata dal Wall Street Journal, nell'escludere la restituzione del TARP solo sulla base dello stato di salute di singole banche, fa capire che la prognosi del sistema finanziario è ancora riservata:

"Vogliamo essere sicuri che il sistema finanziario non sia solo stabile, ma anche che non determini una più profonda contrazione dell'attività economica. Dobbiamo avere abbastanza capitale sufficiente a sostenere una ripresa."


Ma le stime del FMI sono paradossalmente ottimistiche, checchè ne dica Tremonti, e potrebbero essere destinate a crescere ulteriormente se peggiorasse la crisi dei paesi dell'Est Europa. L’Europa infatti ha in mano ben il 74% di tutti i 5 mila miliardi di dollari di prestiti fatti in quei Paesi: le banche europee sono 5 volte più esposte rispetto a quelle statunitensi e giapponesi su questo fronte e hanno una leva finanziaria (il loro passivo totale rispetto al patrimonio netto della banca) pari al 150% delle banche statunitensi e giapponesi.

Questo è l'avvertimento che lancia il report del FMI secondo il quale «i collegamenti» fra Est e Ovest «creano un ciclo di azioni e reazioni che potrebbero esacerbare la crisi».

La maggior parte delle economie emergenti europee - spiega l'Fmi - sono infatti dipendenti dalle banche del Vecchio Continente occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito dell'Europa dell'Est.

«Le banche madri - si legge nel rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi dell'Europa emergente e quelli occidentali che potrebbe esacerbare la crisi».

Gli esperti del Fondo osservano che «il deterioramento delle condizioni finanziarie delle sussidiarie dell'Europa dell'Est influenza la liquidità e la posizione di capitali delle banche-madri, e questo a sua volta ha portato non solo ad un abbassamento del rating e a più alti costi, ma ha ridotto di fatto la capacità di finanziamento proprio delle sussidiarie».

Altro che luci e bagliori di speranza in fondo al tunnel!

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Monday, April 20, 2009

Bank of America fa crollare le altre big bank

Toh, anche gli utili di Bank of America volano, nel primo trimestre, e si posizionano a 4,2 miliardi di dollari. Poi ti accorgi che i profitti rivenienti dalle attività di Merril Lynch pesano sul risultato per almeno 3 miliardi al netto dei costi per l'operazione di acquisizione, così come la vendita della quota in China Construction Bank contribuisce all'utile per 1,9 miliardi. Già solo senza queste due operazioni i conti sarebbero in rosso. Se poi consideriamo che BofA prevede di dover coprire, nel trimestre, 13,4 miliardi di perdite su crediti allora si comprende anche perchè il suo Presidente e CEO, Ken Lewis, non festeggi e rimanga così sobrio.

Il buon Ken anzi confessa che vede un futuro "estremamente difficile, soprattutto a causa del deterioramento della qualità del credito determinato dalla debolezza dell'economia e dalla crescita della disoccupazione". Viva la sincerità. Ma che altro potrebbe dire se le perdite per svalutazioni sono passate a 6,94 miliardi rispetto ai 2,72 miliardi dell'anno precedente, i nonperforming asset sono più che triplicati a 25,74 miliardi, 7,51 miliardi in più dalla fine dell'anno, e le perdite nel settore carte di credito nel primo trimestre ammontano a 1,77 miliardi?

E Ken Lewis non ha confessato ancora tutto. Non bisogna dimenticare il soccorso ricevuto dai nuovi criteri contabili introdotti con il mark to fantasy, i 4,5 miliardi dei contribuenti americani girati a BofA da AIG e gli altri aiuti ricevuti direttamente con il TARP. E chissà cos'altro. Tuttavia tanta improvvisa sincerità, dopo le reticenze e gli allegri annunci dei suoi colleghi, oggi suona strana. Le Borse girano verso il cattivo tempo e Wall Street precipita nel profondo rosso, trascinata al ribasso proprio dai titoli del settore finanziario: BofA (-14,06%), Citigroup (-12,88%) Wells Fargo (-8,64%).

Update: C'è chi non la pensa come me, ma forse non abbiamo visto lo stesso film o forse al cinema non c'è nemmeno andato o è uscito dopo i titoli di testa.

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Saturday, April 18, 2009

Habemus stress test?

Ieri sono fallite altre due banche americane, la Great Basin Bank of Nevada e la American Sterling Bank del Missouri. Questa mattina Bloomberg ha dato notizia di un ulteriore rinvio della data in cui verranno resi noti gli stress test (si era parlato del 24 aprile). Ma ora sembra finalmente esserci una data definitiva, il 4 maggio, si presume del 2009.

Tuttavia la discussione sembrerebbe molto accesa tra gli uomini del Tesoro e le altre autorità regolatrici del mercato sul se pubblicare o meno i dati completi. La preoccupazione principale è che essi possano penalizzare le banche più deboli. Gli altri punti oggetto della diatriba sarebbero: quali risultati dare, come classificarli e chi deve comunicarli.

In più c'è il problema che se tutte le banche supereranno il test potrebbe essere messa in discussione la credibilità del test stesso e se qualche banca non lo superasse sarebbe costretta ad accettare ulteriori aiuti e il controllo del governo e potrebbe essere punita da investitori e clienti.

Insomma una bella gatta da pelare anche perchè, se pure le banche che non superano il test hanno sei mesi di tempo per mettersi in regola, il mercato non aspetterebbe nemmeno cinque minuti per dire la sua. Non vorremmo dover rispolverare il giorno dopo, proprio il 5 maggio, in memoria di qualche Chief Executive Officer di nostra conoscenza, gli immortali versi

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro.

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Giulio, il giardiniere

Il nostro Ministro dell'Economia continua a stupirci con le sue dichiarazioni. Ieri, forse ancora nei panni di sismologo dopo la sua visita a L'Aquila, aveva escluso "il rischio di un'apocalisse finanziaria negli Stati Uniti e in Est Europa" affermando anche che "il punto di caduta sembra essere raggiunto".

Oggi leggo un resoconto più dettagliato della sua performance al convegno dell'Aspen, dove ha indossato i panni a lui più congeniali dello studioso ottocentesco che vede dei "piccoli segnali positivi", degli indicatori "empirici" che mostrano un rallentamento della caduta" nelle lettere e pacchi spediti, nel traffico autostradale e nell'arrivo dei container nei porti italiani rilevati dall'agenzia delle dogane.


da "Oltre il giardino"

BENJAMIN RAND: Non c'è più margine per aumentare l'inflazione, è andata più lontano che poteva. Hai raggiunto i limiti massimi di tassazione, la dipendenza energetica dall'estero è vicina ad un punto di crisi, e, dovunque io guardi, il cosiddetto sistema della libera impresa è al collasso.

PRESIDENTE: Non pensi che dovrei tentare, huh?

RAND: Assolutamente no.

PRESIDENTE: Siete d'accordo con Ben, Signor Gardiner? Oppure pensate che possiamo stimolare la crescita attraverso incentivi temporanei?

CHANCE: Se le radici non vengono tagliate, tutto va bene e andrà bene nel giardino.

PRESIDENTE: …Nel giardino?

CHANCE: Esatto. In un giardino la crescita ha le sue stagioni. Ci sono primavera ed estate, ma ci sono anche autunno ed inverno. E poi di nuovo primavera ed estate…

PRESIDENTE: …Primavera ed estate… Giusto…Autunno e inverno. Proprio vero.

RAND: Credo che il nostro assai perspicace amico voglia farci capire, Signor Presidente, che dobbiamo accettare le inevitabili stagioni della natura anche se siamo sconvolti dalle stagioni della nostra economia.

CHANCE: Sì. Esatto. Ci sarà una crescita in primavera.

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Friday, April 17, 2009

Gli stressanti stress test che non stressano per niente

Dopo i suoi colleghi di Wells Fargo, JPMorgan e Goldman Sachs che si sono avvicendati nei giorni scorsi, oggi è toccato al Chief Executive Officer di Citigroup, Vikram Pandit, presentare "utili al di sopra delle attese" per il primo trimestre 2009.

La recita è andata secondo copione. Anche Pandit non vede l'ora, dice, di restituire i soldi del Tarp. Non vede l'ora ma non dice, come d'altronde gli altri, nemmeno il giorno. Purtroppo anche per Citigroup, come per le altre big, non è tutto oro quello che luccica, e i dati pubblicati nella presentazione ci dicono che le perdite sui crediti stanno ancora rapidamente salendo, come mette in evidenza Calculated Risk con dovizia di grafici.

Anche Citi prima di rastrellare soldi sul mercato (e prima che la borsa crolli di nuovo)

It made sense to delay the launch of the exchange offer until we could tell the market exactly what the results of the stress test are.

Già, gli stress test che ho ribattezzato spot test (nel senso di spot pubblicitari) e che "devono servire a tranquillizzare il pubblico e non a scatenare il panico" (come ho scritto nel mio post di mercoledì) e i cui risultati saranno strombazzati, questa è l'ultima dichiarazione di un funzionario del Tesoro, il prossimo 24 Aprile.

Sicuramente non c'è il rischio di sorprese, e come potrebbe essere il contrario? Accorre a confortare questa mia battuta addirittura Nouriel Roubini, che almeno gli stress test vorrebbe prenderli sul serio, con un articolo dal titolo (e dal link) chilometrico e, questo sì, davvero stressante

Stress Testing the Stress Test Scenarios: Actual Macro Data Are Already Worse than the More Adverse Scenario for 2009 in the Stress Tests. So the Stress Tests Fail the Basic Criterion of Reality Check Even Before They Are Concluded.

I reali dati macroeconomici per il 2009 sono già peggiori di quelli che disegnano lo scenario più avverso negli stress test. I reali dati macro del primo trimestre per le tre variabili usate negli stress test - tasso di crescita, tasso di disoccupazione e svalutazione del prezzo delle case - sono già peggiori di quelli che stanno alla base dello scenario previsto dalla FDIC e ancor peggiori di quelle per il più avverso degli scenari per il 2009. Perciò gli stress test sono falliti prima ancora di essere terminati. Parola del Dottor Doom.

Update: "Eliminando dal proprio orizzonte esistenziale una cosmicità sgradevole, inquietante e stressante, l'uomo consegue così una omeostasi psichica che lo fa vivere meglio, alimentando l'ottimismo e la speranza anziché il turbamento e la disperazione" (da Wikipedia). E' l'interessante chiave di lettura che ci fornisce Phastidio.net a proposito dei risultati di Citigroup ma che potrebbe essere validamente applicata a molti dei soggetti finanziari e istituzionali che oggi sembrano vivere in un rassicurante universo parallelo, diverso da quello in cui vive il resto dell'umanità.

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Sciame sismico

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti esclude che vi possa essere "il rischio di un'apocalisse finanziaria negli Stati Uniti e in Est Europa" così come prospettato nei mesi scorsi. Parlando al convegno dell'Aspen Institute, Tremonti ha aggiunto che "il punto di caduta sembra essere raggiunto".

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Thursday, April 16, 2009

Il Monte Paschi Siena tiene famiglia

Ha proprio ragione quel noto politico che afferma che in Italia il più efficace ammortizzatore sociale è la famiglia. E con centinaia di migliaia di precari in mezzo alla strada il Sindacato non può che salutare come "di grande rilevanza sociale" la decisione di assumere al Monte Paschi Siena 100 figli di dipendenti. Cose che possono succedere solo in Italia e in provincia di Siena (e Grosseto).

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Vignette sataniche

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Wednesday, April 15, 2009

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno

Il trio Obama-Bernanke-Geithner vede piccoli e timidi segnali di ripresa. Ottimismo a tutti i costi e da tutti i pori è la strategia del momento insieme ai bilanci truccati, gli stress test che diventeranno spot test o pubblicità ingannevole, fate voi, perchè come ammette ingenuamente un funzionario del Tesoro americano "devono servire a tranquillizzare il pubblico non a scatenare il panico". Altrimenti come potrebbero le banche convincere tanti investitori a sottoscrivere un bell'aumento di capitale?

E' la strategia della comunicazione che conosciamo bene: ripeti una balla all'infinito ed essa diventerà la verità. Non è un caso che Bernanke abbia annunciato che moltiplicherà i briefing con la stampa. La realtà sono le dichiarazioni delle autorità, le conferenze stampa, mentre al contrario tutto il resto, dati, numeri, fatti, è diventato virtuale e inattendibile, un'invenzione di economisti paranoici e di istituti di ricerca che danno i numeri al lotto.

Non so se questo atteggiamento pagherà anche alla lunga o se qualcuno alla fine tirerà fuori i forconi. Credo poco a questa seconda ipotesi, almeno a breve: basta guardare all'oblio nel quale sono cadute tutte le rassicurazioni, le svolte, le riprese dietro ogni angolo che ci hanno propinato in questi ormai 21 mesi di tempesta perfetta economisti, analisti e politici di ogni ordine e grado. La discesa è andata avanti inarrestabile, nell'impunità dei responsabili, di chi doveva vigilare e non ha vigilato, gli stessi che continuano a governare i nostri destini.

La situazione però ricorda quell'episodio in cui Bertoldo, condannato a morte, riesce a ingannare per un pò il boia avendo espresso l'ultimo desiderio di potersi scegliere l'albero al quale essere impiccato. Di albero in albero, il furbo contadino riesce ad evitare l'esecuzione così come chi sta gestendo la crisi pensa di esorcizzarla con fantasmatici segnali di ripresa per evitare la resa dei conti in nome e per conto di quei banchieri che l'hanno provocata e vorrebbero ristabilire lo stesso ordine di prima.

Ci riusciranno? Possibile che riescano a tirare le cose per le lunghe, producendo altri danni peggiori, ma alla fine rimarrà un solo albero, l'ultimo, e dovranno arrendersi alla ferrea legge dei dati e dei fatti che vorrebbero cancellare: aumento della disoccupazione, caduta dei prezzi al consumo e della produzione industriale, diminuzione delle vendite al dettaglio, dei prezzi delle case e l'ondata di pignoramenti in arrivo questo mese (si stima un + 40%). Questi crudi dati ci dicono purtroppo che non abbiamo ancora toccato il fondo. Il resto è solo propaganda.

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La madre di tutte le crisi valutarie

Un grafico da paura, che riprendo dal blog Flute Thoughts. Quantifica l'esposizione, in termini percentuali del Prodotto Interno Lordo, delle banche dei paesi europei nei confronti dei paesi emergenti dell'Europa dell'Est che stanno sperimentando "la madre di tutte le crisi valutarie". Il paese più a rischio è l'Austria ma anche l'Italia, pur se in buona compagnia, non scherza. Non mi sembra questo il caso di rispolverare il vecchio detto "mal comune, mezzo gaudio".

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Tuesday, April 14, 2009

Venditori di tappeti (senza offesa per la categoria)

Il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha dichiarato che "recentemente abbiamo riscontrato dei timidi segnali di un rallentamento del crollo dell'attività economica" e cita al proposito i dati "sulle vendite di case, sulle costruzioni e sulla spesa per consumi".

Parafrasando J.K. Galbraith (Il Grande Crollo) chiunque senta pronunciare dalle autorità parole del genere dovrebbe capire che qualcosa non va. E infatti, a poche ore dalle dichiarazioni del Presidente della Fed il cui scopo è quello di sostenere artificialmente la borsa, giusto il tempo che le big bank americane possano presentare i loro bilanci truccati e rastrellare un pò di soldi da restituire ai creditori (per primo al governo), ecco che arrivano a gelare Wall Street i dati sulle vendite al dettaglio del mese di marzo negli Stati Uniti.

Gli analisti si aspettavano un incremento dello 0,3% rispetto al mese precedente e invece c'è stato un calo del 1,1%, segno che l'aumento della disoccupazione, come è ovvio, incide sui consumi e che molti americani hanno preso coscienza di una crisi diversa dalle altre e non si fidano più degli annunci, sempre smentiti dai fatti, delle autorità federali e delle istituzioni finanziarie.

Sacre istituzioni finanziarie come la Goldman Sachs che presenta dopo il primo trimestre un utile di bilancio di 1,8 miliardi di dollari grazie ai 2,5 miliardi dei contribuenti americani ricevuti dalla AIG e facendo sparire il mese di dicembre dal calendario del 2008. Impossibile? Allora leggete qui e qui. Stati Uniti, il paese dove tutto è possibile.

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Crisi di astinenza

Ormai alla Borsa di New York si farebbero anche con la magnesia. Scrive il Wall Street Journal:

La sorprendente debolezza dei dati riguardanti le vendite al dettaglio e l'inflazione, accoppiata con un certo scetticismo circa la salute del settore bancario, ha suscitato all'inizio della giornata un forte ribasso del mercato. Ma le azioni hanno ridotto le perdite dopo che il Dipartimento del Commercio ha comunicato che le scorte di magazzino sono scese nel mese di febbraio più di quanto previsto dagli economisti, il che suggerisce che la domanda sta mettendosi in pari con l'offerta.


Intanto quattro uomini in una banca metalli di Valenza rubano 500 chili d'oro, per un valore di dieci milioni di euro. Anche la criminalità si adegua.

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Monday, April 13, 2009

Che tempo farà

Secondo un'inchiesta del Wall Street Journal, che ha interrogato alla bisogna 53 economisti di tutto il mondo, la recessione terminerà nel mese di Settembre, anche se la maggioranza degli intervistati ritiene che fino alla seconda metà del 2010 la ripresa dell'economia non sarà sufficiente a ridurre la disoccupazione.

Questi economisti prevedono una contrazione della produzione nel primo e secondo trimestre di quest'anno rispettivamente del 5 e del 1,8 per cento e un ritorno alla crescita - un modesto 0,4% - a partire dal terzo trimestre. "La fine del calo non è l'inizio della ripresa" sostiene però David Resler, economista della Nomura, "E' come un match di box. Anche se vinci il combattimento non scenderai dal ring nelle stesse condizioni di quando ci sei salito".

Le prospettive del mercato del lavoro invece rimangono deprimenti. Più di un terzo degli economisti prevede che la disoccupazione raggiungerà il suo picco nella prima metà del 2010, con altri 2,6 milioni di posti di lavoro persi nei prossimi 12 mesi. "La ripresa economica non determina un automatico recupero dell'occupazione," dice Joseph Lavorgna della Deutsche Bank, che stima sia necessaria una crescita annua del 4% nei prossimi 6 anni per veder tornare il tasso di disoccupazione ai livelli del 2007.

A dispetto delle cattive notizie per l'occupazione i 53 economisti vedono rosa e segnali di speranza in alcuni fattori economici: la ricostituzione delle scorte di magazzino, la produzione necessaria comunque a sostenere la residua domanda di beni, gli effetti delle politiche monetarie e fiscali messe in atto dai governi, i programmi di stimolo del Tesoro americano e dalla Fed.

A quanto pare basta poco ai nostri economisti, nessuno dei quali aveva previsto la crisi, per consolarsi. Tuttavia questa volta, non si sa mai, mettono le mani avanti, come i metereologhi che prevedono la possibilità di sereno, variabile e qualche pioggia allo stesso tempo. Infatti, secondo loro, permangono due grandissimi rischi che potrebbero fermare la ripresa, entrambi relativi al mercato del credito: la possibilità del fallimento di qualche grande istituzione finanziaria e la persistente riluttanza dei consumatori a spendere ed a investire. Quisquilie, pinzellacchere, direbbe Totò.

Ma lasciamo questi economisti e le relative previsioni al loro destino e al vaglio della Storia e veniamo ai dati nudi e crudi divulgati dall'OCSE il 10 aprile e relativi al mese di Febbraio. La recessione si è approfondita nelle maggiori sette economie mondiali secondo l'OCSE e i pochi timidi segnali positivi non dovrebbero essere enfatizzati. Il quadro per tutti i Paesi rimane debole con gli indici della produzione, in Stati Uniti, Canada, Giappone e maggiori economie non-OCSE in particolare, che si sono ulteriormente deteriorati nell'ultimo mese.



Stiamo dunque attenti e non diamo ascolto al canto delle sirene di quanti parlano di crisi finita, scambiando i propri desideri per realtà. A volte quelle che sembrano notizie rassicuranti poi rivelano spesso prospettive deprimenti. E come abbiamo già visto in un altro post, anche nel periodo della Grande Depressione ci sono stati riprese e rimbalzi, anche di alcuni mesi durante una discesa lunghissima e inarrestabile.

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Dieci principi per un mondo a prova di Cigno Nero

1. Quel che è fragile dovrebbe rompersi prima, mentre è ancora piccolo. Nulla dovrebbe mai diventare troppo grande per fallire. L'evoluzione naturale della vita economica non aiuta quelli con la massima quantità di rischi nascosti - e quindi più fragili - a diventare i più grandi.

2. No alla socializzazione delle perdite e alla privatizzazione dei profitti. Qualunque cosa possa essere necessario salvare dovrebbe essere nazionalizzata; qualunque cosa non abbia bisogno di un salvataggio dovrebbe essere libera, piccola e soggetta al rischio. Siamo riusciti a combinare il peggio del capitalismo e del socialismo. In Francia negli anni '80, i socialisti hanno nazionalizzato le banche. Negli Stati Uniti negli anni 2000, le banche hanno conquistato il governo. Questo è surreale.

3. A gente che guidava bendata un autobus scolastico (e l'ha fracassato) non dovrebbe mai essere dato un nuovo autobus. L'establishment economico (le università, le autorità di regolamentazione, i banchieri centrali, i funzionari governativi, personale e diverse organizzazioni gestite da economisti) ha perso la sua legittimità con il fallimento del sistema. E' irresponsabile e insensato mettere la nostra fiducia nelle mani di questi esperti per uscire da questo pasticcio. Invece, dobbiamo trovare le persone capaci e che abbiano le mani pulite.

4. Non lasciate che qualcuno pagato con bonus e "incentivi" gestisca un impianto nucleare - o i vostri rischi finanziari. Ci sono molte probabilità che tagli ogni misura sulla sicurezza pur di mostrare "utili", mentre si vanterebbe di essere "conservatore". I bonus non sono un deterrente per i rischi nascosti di esplosioni. E l'asimmetria del sistema dei bonus che ci ha portato qui. No agli incentivi senza disincentivi: il capitalismo è fatto di premi e punizioni, non solo di premi.

5. Complessità contabile con semplicità. La complessità della globalizzazione e della vita economica altamente interconnessa deve essere bilanciata dalla semplicità dri prodotti finanziari. Il complesso dell'economia è già una forma di leva: la leva dell'efficienza. Tali sistemi sopravvivono grazie alla lentezza e alla sovrabbondanza; aggiungendo debito si producono turbolente e pericolose spirali e non si lascia spazio per errori. Il capitalismo non può evitare bolle e bollicine: le bolle azionarie (come nel 2000) hanno dimostrato di essere benigne; le bolle di debito sono invece maligne.

6. Non dare ai bambini candelotti di dinamite, anche se essi sono forniti delle istruzioni per l'uso. I derivati complessi devono essere vietati perché nessuno li capisce e pochi sono abbastanza razionali per comprenderli. I cittadini devono essere protetti da se stessi, dai banchieri che vendono prodotti a "copertura", e da ingenui regolatori che ascoltano economisti teorici.

7. Solo gli schemi di Ponzi dovrebbero basarsi sulla fiducia. I governi non dovrebbero mai avere la necessità di "ristabilire la fiducia". I "rumors" a cascata sono il prodotto di sistemi complessi. I governi non possono fermare le voci. Semplicemente, avremmo bisogno di essere in condizione di ignorare le voci, per far fronte alla loro sfida.

8. Non dare ad un tossicodipendente più droga se ha dolori d'astinenza. Usare il debito per curare problemi di troppo debito non è omeopatico, ne è la negazione. La crisi del debito non è un problema temporaneo, è di tipo strutturale. Abbiamo bisogno di una riabilitazione.

9. I cittadini non dovrebbero dipendere da attività finanziarie o dalla fallibile consulenza di un "esperto" per la loro pensione. La vita economica dovrebbe essere definanzializzata. Dobbiamo imparare a non utilizzare i mercati come fossero magazzini di valore: essi non nutrono le certezze che i normali cittadini richiedono. I cittadini dovrebbero provare ansietà rispetto ai loro affari (di cui hanno il controllo) non per i loro investimenti (di cui non hanno il controllo).

10. Fare una frittata con le uova rotte. Infine, questa crisi non può essere risolta con riparazioni rabberciate, non più di una barca con uno scafo marcio che non può essere riparata mettendo delle pezze nei buchi. Abbiamo bisogno di ricostruire lo scafo con nuovi (più resistenti) materiali; dovremo rifare il sistema prima che lo faccia da solo. Passiamo volontariamente nel Capitalismo 2.0 aiutando ciò che deve essere rotto a rompersi per conto suo, convertendo il debito in azioni, marginalizzando scuole economiche e d'affari, abolendo il "Nobel" per l'economia, vietando il leveraged buy-out, mettendo i banchieri al loro posto, riprendendoci indietro i bonus di coloro che ci hanno portato qui, e insegnando alla gente a navigare in un mondo con meno certezze.

Poi vedremo una vita economica più vicina al nostro ambiente biologico: aziende più piccole, un'ecologia più ricca, niente leva. Un mondo in cui gli imprenditori, non i banchieri, si assumono i rischi e le imprese nascono e muoiono ogni giorno senza fare notizia.

In altre parole, un luogo più resistente ai cigni neri.


Titolo originale: Ten principles for a Black Swan-proofworld

di Nassim Nicholas Taleb

Pubblicato sul Financial Times l' 8 aprile 2009

L'autore è professore presso il New York University's Polytechnic Institute e ha scritto il libro "Il cigno nero. Come l'improbabile governa la nostra vita".

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Saturday, April 11, 2009

Siamo al principio della fine o alla fine del principio?

E' quanto si chiede in un interessante articolo Robert Reich, economista della University of California a Berkeley, già Segretario del Lavoro all'epoca di Clinton e attualmente consigliere nello staff economico di Barack Obama.

I tassi dei mutui sono ormai così bassi (il livello più basso dal 1971) che il Presidente Obama ha cominciato a invitare gli americani a rifinanziare le loro case in modo che essi possono risparmiare denaro e iniziare di nuovo a spendere. Il braccio destro economico di Obama, Larry Summers, dice che il paese potrà probabilmente vedere segni positivi dell'economia nei prossimi mesi. Wells Fargo ha avuto un rialzo in borsa e sorpreso gli analisti quando giovedì ha annunciato di prevedere un utile di 3 miliardi di dollari nel primo trimestre, indicandone l'origine nel settore dei mutui. E i dirigenti delle tre principali banche della nazione - JPMorgan Chase, Bank of America e Citigroup - affermano che i loro risultati nei primi due mesi dell'anno sono stati positivi.

Questo non significa, dice Reich, che siamo all'inizio della fine della recessione. Ma, aggiunge, "non sono nemmeno sicuro che siamo alla fine del principio". Tutti questi pezzi di notizie confortanti hanno una cosa in comune tra di loro: l'alluvione di denaro che la Fed ha immesso nel mercato. E' ovvio che i tassi dei mutui si abbassino, che si facciano nuovi mutui e che persone ed imprese facciano più debiti con il denaro a così basso costo. La vera questione è se questo rappresenti una svolta economica. La risposta è: no, non lo è.

Proprio il basso costo del denaro, non dimenticatelo, ci ha messo in questo pasticcio. Sei anni fa, la Fed (Alan Greenspan) abbassò i tassi di interesse all'1 per cento. Rettificato per l'inflazione, il costo del denaro era dunque pari a zero per banche e finanziarie e queste hanno fatto quello che ci si aspettava facessero con il denaro gratis dandolo in prestito a chiunque lo chiedesse. Con le autorità regolatrici che hanno chiuso entrambi gli occhi si è perpetrato così un crimine finanziario equivalente a un assassinio.

L'unico dato fondamentale che è cambiato da allora nell'economia, è che così tanta gente c'è rimasta scottata che la fiducia di consumatori, investitori e imprese è sparita. Sì, le banche faranno credito a debitori altamente affidabili, questo è il nuovo frutto che coglieranno. Ma in giro non ci sono così tanti frutti di questo genere. E alcuni consumatori rifinanzieranno i loro mutui e spenderanno il denaro extra per pagare i debiti e cominciare ancora una volta a risparmiare come facevano anni fa, perchè la maggior parte dei consumatori sono preoccupati per il loro posto di lavoro e ne hanno tutti i buoni motivi.

Alcune delle grandi banche sosterranno di essere redditizie, ma non scommettete su di esse. Né loro, né nessun altro sa realmente quale sia il valore dei loro attivi. Inoltre, le grandi banche sono sedute su oltre 500 miliardi di dollari in obbligazioni e prestiti del contribuente. Chi sa in quale modo calcolano i profitti? Soprattutto, c'è ancora un enorme divario tra la capacità produttiva dell'economia e la produzione attuale, e assolutamente nulla farà riprendere l'economia fino a che il divario non comincerà a chiudersi.

Conclude saggiamente Robert Reich citando la sua partecipazione ad un dibattito sul canale della CNBC dove tenta di far ragionare lo scatenato conduttore della trasmissione, Larry Kudlow, e l'euforico analista finanziario Arthur Laffer, entrambi sicuri che il mercato azionario abbia raggiunto il fondo ed è ora pronto ad un grande recupero, commentando in questa maniera:

Ammiro l'ottimismo cieco, e capisco perché Wall Street e il suo portavoce desiderano vedere un ritorno del mercato rialzista. Diavolo, chiunque con un portafoglio di azioni vorrebbe vedere crescere di nuovo la borsa. Ma desiderare qualcosa è diverso dall'ottenerlo. E l'ottimismo spinto all'eccesso può causare enormi danni a una economia. Non l'abbiamo ancora imparato?













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Insanitea

In attesa dell'inflazione monetaria negli Stati Uniti si propaga quella dei filtri da tè.

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Thursday, April 09, 2009

Geithner e l'aritmetica, il Super Tim game

Altra variante matematica del gioco inventato dal Segretario del Tesoro, Tim Geithner, per ripulire le banche americane dai titoli tossici. In questo gioco a vincere sono sempre gli azionisti e i creditori, a perdere i contribuenti. Per far parte della squadra vincente bisogna possedere asset tossici possibilmente valutati secondo il nuovo modello del mark-to-fantasy.

Questa volta mi evito il faticoso lavoro di traduzione e vi invito a leggere le istruzioni del gioco pubblicate da Phastidio.net. Potete trovare le altre versioni del gioco nel mio blog, sotto l'etichetta "geithner".

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RoboCOP

E' uscito l'allucinante rapporto della Commissione di Vigilanza del Congresso statunitense (Congressional Oversight Panel - o più brevemente indicata come COP) sull'attività del Tesoro negli ultimi sei mesi.

Durante questo periodo il Tesoro ha speso o impegnato 590,4 miliardi di dollari dei fondi stanziati attraverso il TARP (il primo piano per il salvataggio delle banche). Ha inoltre pesantemente fatto ricorso al bilancio della Fed che è stato ampliato di oltre 1.500 miliardi (eclusi i prestiti del TALF) accanto alle altre attività sviluppate per la stabilizzazione dei mercati e alle consuete operazioni di politica monetaria.

Il totale di quanto speso direttamente, attraverso prestiti e garanzie, insieme alle attività rivolte alla stabilità finanziaria (incluse quelle della FDIC, del Tesoro e della Fed) ammonta, al momento, a oltre 4 mila miliardi di dollari.

Il rapporto contiene anche degli interessanti excursus dedicati a quanto è stato fatto in altri tempi e in altri paesi. Se ne consiglia la visione ad un pubblico adulto e con le coronarie allenate.

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«Nessuno verrà lasciato solo»

Con grande spiegamento di auto blu, scorte, elicotteri, troupe televisive e uomini pronti all'accoglienza, il governo si è trasferito in Abruzzo. Almeno fino a Giugno. Questo l'elenco dei presenti: Umberto Bossi, Giulio Tremonti, Roberto Calderoli, Antonio Zaia, Maurizio Sacconi, Mara Carfagna, Angelino Alfano, Ignazio La Russa, Giorgia Meloni, Roberto Maroni, Gianfranco Rotondi. E' attesa per oggi Mariastella Gelmini.

I terremotati intanto seguono il consiglio di Berlusconi (ripreso dalle televisioni di tutto il mondo escluse quelle italiane) e si godono il campeggio ai piedi del Gran Sasso.

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Wednesday, April 08, 2009

Il Paese della Cuccagna

Ricordate i bei tempi andati del TARP quando ogni entità finanziaria si trasformava in holding bancaria per poter usufruire dei fondi dei contribuenti americani messi a disposizione da Bush e dal suo Segretario del Tesoro, Hank Paulson? Goldman Sachs, Morgan Stanley, American Express, tutti a saltare sul carro della diligenza e a prosciugare quei 700 miliardi di dollari finiti poi nelle tasche di azionisti e creditori.

Ebbene ora quei tempi sembrano tornati: anche le compagnie di assicurazione, almeno quelle che operano nel ramo vita, avranno, stando al Wall Street Journal, il loro TARP. Ad averlo deciso, il Dipartimento del Tesoro americano che annuncerà nei prossimi giorni l'estensione del piano di salvataggio anche per questo settore in grosse difficoltà. Ma ad una condizione:

Solo le assicurazioni che possiedono banche riconosciute dal governo federale saranno considerate qualificate per il programma. Già l'anno scorso il Tesoro aveva dichiarato che le assicurazioni-vita avrebbero potuto rientrare nel TARP se fossero state proprietarie di holding bancarie, ma non aveva ancora ufficialmente deciso di erogare fondi a queste compagnie in quanto aveva focalizzato i suoi sforzi sulle banche e sulle case automobilistiche.


Cosa è dunque accaduto nel frattempo per cui si è deciso di intervenire? E' sempre il Wall Street Journal a spiegarcelo:

Primo, le maggiori compagnie hanno offerto prodotti previdenziali promettendo rendimenti garantiti che non tenevano conto dell'andamento dei mercati azionari. A causa del declino dei mercati queste compagnie sono ora scoperte per grosse cifre, anche se i pagamenti non sono previsti prima di 10 o più anni. Secondo, le assicurazioni hanno perso ingenti somme in investimenti immobiliari e obbligazioni corporate.


Dopo le cattive notizie il Wall Street Journal dà comunque ai suoi lettori quella che dovrebbe essere una notizia positiva per i contribuenti e cioè che fortunatamente nel TARP sono rimasti solo 130 miliardi di dollari per cui non ci sarebbe il rischio di buttare via altro denaro pubblico.

Io non concluderei però così ottimisticamente, perchè siamo poi così sicuri che qualcuno nel governo, dopo il piano Geithner per eliminare gli asset tossici dalle banche, l'abolizione del mark to market, l'acquisto da parte della Fed dei titoli di Stato invenduti, il TALF, e chi più ne ha più ne metta, non tirerà fuori dal cilindro qualche altro coniglio?

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Tuesday, April 07, 2009

Geithner e l'aritmetica, come prima, più di prima

Il piano Geithner per ripulire le banche dagli asset tossici ha prodotto una vasta letteratura di approfondimenti matematici di cui pure vi ho dato conto in questo blog (vedi etichette alla voce Geithner) ma quella che Jeff Sachs propone è una novità in assoluto e merita di essere presa in considerazione.

Sachs, non solo lui per la verità, sospetta che una banca potrebbe creare una società collegata che compri asset cattivi pagandoli molto più del loro valore e usando soldi presi in prestito dai contribuenti, poi dichiara fallimento, trasferendo così definitivamente i soldi dei contribuenti nelle tasche degli azionisti della banca, in quanto il prestito ricevuto è no-recourse (chi ha dato il prestito può rivalersi solo sulla garanzia sottostante, cioè sul titolo tossico privo di valore). Ma vediamo il suo esempio matematico.

Considerate un asset tossico posseduto da Citibank con un valore nominale di 1 milione di dollari, ma con probabilità zero di produrre alcun pagamento, e perciò con valore di mercato pari a zero. Un potenziale acquirente esterno non pagherebbe nulla per un tale titolo.

Supponete, tuttavia, che la stessa Citibank crei un Citibank Public-Private Investment Fund (CPPIF), entro le condizioni poste dal piano Geithner-Summers. Il CPPIF offrirà 1 milione di dollari per un titolo senza valore, perché può prendere a prestito 850.000 dollari dalla FDIC, ed ottenere altri 75.000 dollari dal Tesoro per l'acquisto! Citibank dovrà metterci solo i 75.000 dollari mancanti al totale.

Citibank perciò riceve 1 milione per un asset senza valore, mentre il CPPIF si ritrova con un titolo del tutto privo di valore a fronte di 850.000 dollari di debito con la FDIC. Il CPPIF poi dichiara tranquillamente bancarotta mentre Citibank esce di scena con un bel milione di dollari. L’utile netto di Citibank sull’operazione è di 925.000 dollari (ricordate che la banca ha investito solo 75.000 dollari nel CPPIF), ed i contribuenti perdono 925.000 dollari.


Un imbroglio da 2 o 3 mila miliardi di dollari, per cui il giovane Tim potrebbe scalzare, di diritto, persino quel dilettante di Bernie Madoff nella speciale classifica delle truffe del secolo.

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Monday, April 06, 2009

Il mark-to-fantasy al potere

Repetita iuvant ma stanca. Gli inguaribili ottimisti invece sembrano non stancarsi mai. Sempre pronti a vedere la ripresa dietro l'angolo, a dire, da mesi, che abbiamo raggiunto il fondo e ora inizia la risalita, a scambiare un gatto morto per un toro sbuffante e scalpitante.

Oggi però alcuni di loro hanno timbrato il cartellino in quel di Wall Street con un cattivo presagio che si è materializzato quando qualcuno gli ha buttato sulla scrivania un rapporto di Mike Mayo, valente analista della Calyon Securities, ed hanno cominciato a vendere a man bassa titoli bancari, trascinando al rosso anche le borse europee.

Ma cosa diceva di così sconvolgente quel rapporto? Niente di particolare, ricordava solo come stanno le cose:

Recent government efforts to stabilize the financial system won't prevent Wall Street's loan losses from exceeding those of the Great Depression by late 2010.

"The industry is in a Catch-22," with banks destined either to remain saddled with toxic assets or to take heavy write-offs as those assets are removed from balance sheets either by the government or private buyers, Mr. Mayo wrote.

He estimated that, on average, banks have marked down their troubled loans at 98 cents on the dollar -- an unrealistically optimistic valuation.

All 11 names mentioned in Mr. Mayo's report traded lower. The hardest hit were Suntrust Banks, off nearly 9%, and BB&T, off 6%. U.S. Bancorp, Wells Fargo, and KeyCorp fell at least 5% each.


Già, gli ultimi sforzi del governo degli Stati Uniti di stabilizzare il sistema finanziario non impediranno che le perdite di Wall Street non eccedano entro il 2010 quelle della Grande Depressione, con le banche destinate ad accollarsi gli asset tossici o pesanti svalutazioni se quegli asset verranno comprati o dal governo o da privati. Per di più, ma guarda un pò, in media, le banche valutano i propri asset tossici 98 centesimi per dollaro, una valutazione, dice Mayo, irrealisticamente ottimistica. Il mark-to-fantasy al potere, aggiungo io.

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Un terremoto annunciato

Purtroppo non vengono mai ascoltati sia che si tratti di geologi che di economisti. Li chiamano Cassandre, Dottor Doom, profeti di sventure. Meglio nascondere la testa sotto la sabbia e credere agli inguaribili ottimisti.

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Saturday, April 04, 2009

Il Signore della Nato

Riprendo da Phastidio.net la "notizia del giorno":

Come riferisce ilGiornale, l'ottimo primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen è stato designato Segretario Generale della Nato, dopo vittorioso pressing telefonico del premier italiano su Erdagon, primo ministro turco evidentemente discendente di Aragorn. In serata conferenza stampa di Gollum.


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Mark-to-fantasy

Il Ministro italiano della Fantasia alle Finanze, alias Tremonti, dopo l'approvazione negli Stati Uniti, per un voto, da parte del Financial Accounting Standards Board, di nuovi criteri di valutazione degli asset nei bilanci delle banche, si chiede cosa aspettano gli altri governi europei a fare altrettanto. Sì, cosa ci potrebbe essere di più geniale per risanare le banche, molte delle quali tecnicamente fallite, che truccare i bilanci come si fa in Italia? Perchè di questo si tratta.

Infatti, grazie a questa "novità", le banche saranno in grado di gonfiare gli attivi mettendo a bilancio i propri asset ad un valore che potrebbe essere anche di fantasia, diverso da quello che il mercato è disponibile a pagare per essi. Ma questa nuova metodologia servirà veramente a qualcosa? Si, a scardinare del tutto la poca fiducia rimasta nei confronti delle istituzioni finanziarie e delle borse.

Primo. Gli investitori e le autorità regolatrici non sono degli idioti e nel caso le banche dichiarino di essere state forzate a valutare i propri asset a prezzi di saldo potranno apportare essi stessi le correzioni che riterranno opportune. Nonostante ciò il cambio di regime è sbagliato per due ragioni. Un motivo è che il giusto prezzo stabilito dal mercato - il "mark to market" - ha il vantaggio di essere un criterio comune al quale ogni operatore si deve conformare. La nuova regola rende il prezzo degli asset dipendente da un criterio di valutazione interno ed ogni banca potrà applicare criteri diversi una dall'altra. L'altra ragione è che toglie alle banche un incentivo alla trasparenza. In base alla vecchia regola se le banche dovevano dichiarare il prezzo di mercato, nel caso lo avessero ritenuto troppo basso avevano la possibilità di convincere gli investitori della loro posizione. In base alla nuova regola invece la banca comunica la propria valutazione secondo un modello interno e non ha alcun incentivo a fornire ulteriori informazioni.

Secondo. Nell'ipotesi del "mark-to-market" se l'economia si riprende gli asset aumenteranno di valore. Mettiamo che le svalutazioni abbiano ridotto il capitale delle banche e queste siano state costrette a ricapitalizzare. Quando gli asset recupereranno valore, la banca genererà più profitti e potrà ricomprare le azioni vendute. Nell'altro scenario, quello del "mark-to-fantasy", la banca farà oggi una valutazione di fantasia quando in realtà il prezzo di mercato è un prezzo sul lungo termine. Ad un certo punto, nel futuro, la banca dovrà svalutare gli asset ma potrebbe non avere capitali sufficienti per assorbire la svalutazione e in questo caso fallirà. Dunque è meno richiosa la vecchia strada piuttosto che la nuova.

Terzo. Le regole contabili sono molto più complesse delle due alternative "tutti gli asset devono avere un valore di mercato" e "tutti gli asset devono essere valutati secondo un modello interno". Ci sono differenti tipi di asset, differenti tipi di svalutazioni, con differenti impatti ai fini fiscali, e soprattutto differenti tipi di classificazione degli asset a seconda che siano contabilizzati come asset posseduti a fini commerciali, se siano disponibili per la vendita immediata o alla scadenza.

L'impressione che si ricava da tutta questa vicenda è che le banche, pur sapendo che la nuova regola non risolve niente, approfittano della confusione per ottenere cambiamenti che servono solo a ritoccare i loro bilanci giusto per rendere la vita più dura agli investitori visto che nei fallimenti di banche susseguitesi in questi 21 mesi, secondo la SEC, il fatto che gli asset fossero contabilizzati con i prezzi di mercato non ha influito minimante.

Strano destino quello di Tremonti: da fustigatore dei banchieri è finito a rifornirli di droghe assortite. Da moralizzatore a spacciatore. Per cui non sorprende nemmeno, viste le ultime gaffe del nostro primo ministro (foto di gruppo con la Regina Elisabetta ieri e telefonata con Erdogan oggi), la sua domanda rivolta agli italiani se per uscire dalla crisi sia meglio Berlusconi oppure Franceschini. Nell'un caso o nell'altro vuol dire che siamo proprio alla frutta. Verrebbe da dire... "aridatece o' professore".

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Friday, April 03, 2009

BreakingNews

Mentre i governi e i mezzi d'informazione mondiali celebrano il grande accordo sul niente raggiunto in quel di Londra, arrivano i nudi e crudi dati della realtà a deprimere Wall Street.

Gli Stati Uniti continuano a perdere posti di lavoro con un inesorabile ulteriore taglio in marzo, spingendo la riduzione totale iniziata 16 mesi fa a oltre cinque milioni di unità. Nel mese di marzo i dati diffusi dal Dipartimento del Lavoro, e che andranno rivisti come sempre per difetto nelle prossime settimane, parlano di altri 663 mila posti di lavoro persi, al di sopra di quanto atteso dagli analisti. Il tasso di disoccupazione sale al 8,5%, il più alto dal novembre 1983.

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Royal Bank of Scotland annuncia tagli per 2,5 miliardi di sterline nei prossimi 3 anni. Il suo presidente Philip Hampton ha affermato che senza l'acquisizione di ABN Amro la Royal Bank avrebbe potuto dichiarare un utile operativo invece di dover accusare perdite per 26 miliardi ed ha aggiunto che l'operazione con la banca olandese è stata fatta "al prezzo sbagliato, nel modo sbagliato, nel tempo sbagliato". Com'è lontana l'Italia. In Inghilterra chi sbaglia paga (come è successo a Sir Fred Goodwin) mentre qui li eleggono banchieri dell'anno.

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Nouriel Roubini e la luce in fondo al tunnel

Nouriel Roubini, alias Dr.Doom, in una nuova intervista rilasciata alla CNBC, sostiene che il tasso di contrazione dell'economia nel corso del 2009 rallenterà dal -6% del 1 ° trimestre ad una cifra più vicina al -2% ma l'anno prossimo la ripresa economica sarà così debole - crescita sotto l'1% e tasso di disoccupazione a un massimo del 10% - che ancora sarà percepita come una recessione, anche se potremmo essere tecnicamente fuori di essa. Quindi, rispetto all'opinione generale che vede la crescita al 2% nel 3° e 4° trimestre di questo anno e tornare ad una potenziale crescita entro il 2010, le previsioni del Dr.Doom sono più coerentemente orientate al ribasso.

Tuttavia, rispetto alla forte contrazione negli Stati Uniti e alla crescita globale nel 1 ° trimestre di questo anno (circa -6%) il tasso di contrazione economica rallenterà a -2% per gli Stati Uniti e le altre economie avanzate entro la fine dell'anno. Questo è solo un lieve miglioramento e ancora una severa recessione a forma di U con un debolissimo e timido recupero entro il 2010. Nota bene: ci può essere la luce alla fine del tunnel... ma non così presto e velocemente come fa credere la generale opinione rialzista.

Qui sotto, il video dove l'economista tocca anche molti altri argomenti, dalle banche al mark to market.











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Mister Obamaaaaaaa

Quando l'originale supera la Guzzanti.

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Thursday, April 02, 2009

Dopo i fumi di Londra

E' andata come visto e previsto. Un contentino ad Obama e Brown (più soldi al FMI, buona parte dei quali erano già stati stanziati) e uno a Sarkozy e alla Merkel (la lista dei paesi canaglia ma senza le nuove regole, per quelle si vedrà), tanto per non dichiarare il fallimento del vertice e per permettere ai mezzi d'informazione di farci credere che il vertice si è concluso con un grande accordo. In realtà un accordo piccolo piccolo che ha sancito le divisioni e che ha prodotto decisioni solo su aspetti secondari, tutto meno quello che serviva veramente. Non un punto di svolta ma comunque meglio che niente. Alla fine il vertice verrà ricordato soprattutto per la gaffe di Berlusconi che ha fatto arrabbiare persino la compassata regina Elisabetta!

Ora però non ci resta che sperare non si avverino le previsioni del LEAP che purtroppo, finora, ha sempre indovinato quel che sarebbe successo.

2. verso una crisi fuori controllo lunga un decennio

Aprile-Luglio 2009: Il G20 non è in grado di avviare una alternativa al sistema monetario internazionale attuale.

  • Conflitti tra i nuovi piani di salvataggio e le nuove regolamentazioni
  • Adozione di mezze misure e compromessi che incoraggiano la perdita di fiducia del pubblico
  • Fallimenti di grandi aziende USA
  • Nazionalizzazione delle banche USA con effetto domino in Europa e Asia
  • Impossibilità del governo inglese di finanziare il suo debito se non con la Banca d’Inghilterra
  • Crollo della Sterlina e intervento del FMI e dell’UE per evitarne il default
Agosto-Ottobre 2009
  • Competizione frontale USA-EU-Asia per attirare i risparmi non più sufficiente a finanziare i deficit pubblici
  • Incapacità e mancanza di interesse ad acquistare buoni del tesoro USA creati per finanziare il debito americano esponenziale da parte di Cina, Giappone e monarchie dei paesi produttori di petrolio
  • Acquisto dei buoni del tesoro americani da parte della FED e crollo del dollaro.
  • Default del sistema finanziario americano, governo compreso
  • Crescita della disoccupazione in tutto il mondo
Novembre 2009 – Marzo 2010: in mancanza di una agenda comune, è impossibile convocare un nuovo G20
  • Disoccupazione al 20% in USA
  • Disordini quotidiani in Cina da parte dei lavoratori immigrati
  • Elezione di un governo socialista in Giappone
  • Manifestazioni quotidiane nelle principali città europee
  • Crollo del gettito fiscale in USA, molti stati (Texas e California per esempio) rifiutano di inviare la quota fiscale a Washington
  • Moltiplicazione di attacchi su obiettivi federali negli USA, lanciati dai militanti di estrema destra
  • Avvio del ritiro delle truppe americane da più della metà delle basi all’estero per tagli di budget
  • Disastro del tessuto economico globale (linee di produzione interrotte dai fallimenti dei principali fornitori)
Aprile 2010 – Aprile 2014:
  • Mancanza di cibo, medicine, pezzi di ricambio, energia in numerose aree del globo
  • Caduta del 30% del PIL americano e del 50% dello standard di vita americano rispetto al 2008
  • Conflitti a fuoco negli USA
  • Erosione della frontiera a sud degli USA
  • Rischio secessione da parte dei singoli stati USA, tentazione di compiere azioni militari contro di loro da parte del governo federale
  • Completamento del ritiro delle truppe dall’Europa
  • Creazione dell’Unione Sudamericana su iniziativa di Brasile, Venesuela, Peru e Argentina
  • Stato di emergenza in Russia per preservare l’integrità nazionale, divisione dell’Ucraina
  • Migrazione di massa dall’Africa all’Europa
  • Riduzione dello standard di vita del 20% in EU rispetto al 2008
  • Colpi di stato fondamentalisti nei paesi arabi, produttori di petrolio compresi
  • Gravissima crisi economica in Israele, che decide di attaccare le installazioni nucleari iraniane
  • Caduta della produzione petrolifera per mancanza di investimenti
  • Maggioranze di estrema destra vincono le elezioni europee nel 2014 con lo slogan “Europa agli Europei”
  • Creazione dell’Unione Asiatica, firma di accordi speciali con gli stati americani che si affacciano sul pacifico.

2014 - ....

  • Nelle nazioni-giocatori principali, salgono al potere i leader che decidono di giocare il nuovo Gioco: “Vince il più forte”.
  • Ad un secolo dalla prima guerra mondiale, il mondo assomiglia molto all’Europa del 1914.
tratto da Informazione Scorretta

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Indici manifatturieri e balle industriali

Abbiamo visto ieri che l'economia seguendo i fattori dei suoi cicli produttivi, come la stagionalità, lo svuotamento e la ricostituzione delle scorte di magazzino e, aggiungo, anche grazie ad alcuni stimoli congiunturali (come gli incentivi alla rottamazione) potrebbe dare dei segnali di ripresa in questo inizio di primavera, ma che questo non significa che il peggio sia passato in quanto non si vedono dati macroeconomici fondamentali che possano farci sperare in un duraturo cambio di direzione, nè per quest'anno nè per il prossimo.

Dovrebbe essere questa la chiave di lettura dei dati sulla produzione mondiale manifatturiera pubblicati nel report di Marzo della JPMorgan e che evidenziano un rallentamento della contrazione nella produzione mondiale. Gli indici descrivono un trend in risalita in tutto il mondo e sono in significativa ripresa rispetto ai bassi livelli degli ultimi mesi del 2008. Tuttavia, sia gli indici della produzione che dei nuovi ordini rimasti a livelli molto bassi, segnalano il permanere della contrazione e nulla che assomigli ad un recupero di entrambi gli elementi.



L'Italia, ancora una volta, a dispetto di Berlusconi, del ministro dell'economia e dei loro corifei della carta stampata, è invece in controtendenza rispetto agli altri paesi, in quanto in Marzo l'indice della sua produzione industriale è sceso al livello record più basso fatto segnare dal novembre 2008. Il nostro premier vorrebbe che la stampa parlasse solo di notizie positive e delle sue imprese londinesi ma alla storiella che "l'Italia ne uscirà meglio degli altri paesi" comincia a non crederci più neanche lui, se mai c'ha creduto.

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Desperados

Per la prima volta dal dicembre 2007, segno positivo per le immatricolazioni di auto in Italia, che a marzo hanno fatto registrare un +0,24% annuo (214.218 auto). L'inversione di tendenza è diretta conseguenza dagli incentivi alla rottamazione messi in campo dall'esecutivo per rilanciare il comparto (e del fatto che il marzo 2009 ha due giorni lavorativi in più rispetto allo stesso mese 2008). Nei primi tre mesi del 2009 il saldo è negativo del 19,13% rispetto al 2008.

Esultano la sparuta pattuglia degli inguaribili ottimisti ed il governo. Sì, il paziente si è aggravato ma ha socchiuso un occhio!

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Wednesday, April 01, 2009

False speranze

Anche se a volte non sembra, non faccio parte del partito dei catastrofisti e dei pessimisti, anzi sono un ottimista per natura. Ma so anche che con il solo ottimismo non si va da nessuna parte e che in economia le cose non vanno meglio se ci sforziamo con mille appigli di piegarle ai nostri desideri.

Così oggi, come ieri e come anche qualche mese fa, c'è sempre qualcuno che vede segnali di ripresa in alcuni dati non così negativi come si attendevano gli analisti. Normalmente sono quegli operatori economici, a vario titolo, che non hanno capito che questa crisi non è una crisi come le altre ma è una crisi di sistema e che non bastano le solite ricette per superarla.

Nè le banche centrali, nè i governi, pur avendo immesso nel sistema migliaia di miliardi hanno aggredito al cuore il problema. Si sono limitati a iniettare nel paziente dosi massicce di droga che abbassa la febbre ma non guarisce e non cura le cause della orribile malattia. Le condizioni che hanno determinato la tempesta perfetta sono ancora lì, intatte.

Un sistema costruito su una crescita finanziaria sempre più globale, fondata sulla moltiplicazione infinita del debito e su consumi senza limiti da una parte e dall'altra un progressivo impoverimento della maggioranza della popolazione che per consumare aveva sempre più bisogno di fare mutui, prestiti e nuovi debiti. I ricchi sempre più ricchi e il resto dell'umanità o a vivere al di sopra delle proprie possibilità o a produrre nei paesi emergenti e del terzo mondo sottocosto e morendo di fame. Una bolla di sfruttamento e schiavitù prima che di subprime e di prodotti più o meno strutturati.

Questo sistema non poteva durare, è esploso ed è fallito. La caduta è lenta ma inesorabile, fatta di discese e rimbalzi. Ci sarà un fondo ma non una fine a breve termine. Nel futuro vedo più di ogni altra ipotesi un lento declino a forma di L, come teme Roubini, il Giappone della decade perduta. Non escludo che, seguendo i suoi cicli produttivi - la stagionalità, lo svuotamento e la ricostituzione delle scorte di magazzino - l'economia possa dare segnali di ripresa in questo grigio inizio di primavera.

Questo non significa, come ci dice anche il Nobel per l'economia Paul Krugman, che il peggio sia passato. Guardate il grafico della Grande Depressione: ci fu una pausa nella discesa della produzione industriale nei primi mesi del 1931 e molti tirarono un sospiro di sollievo. Si sbagliavano. E oggi come allora non ci sono dati macroeconomici fondamentali che possano farci sperare in un duraturo cambio di direzione, nè per quest'anno nè per il prossimo.

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